Il Castello di Duino, dimora privata della nobile famiglia dei Principi di Torre e Tasso (von Thurn und Taxis), sorge su uno sperone roccioso a picco sul mare da cui si gode una bellissima veduta su tutto il golfo di Trieste; attraversando il parco (con terrazze e spalti che si aprono sul mare) si può ammirare una ricca varietà di flora mediterranea: lecci, ulivi, cipressi e numerose cascate di fiori variopinti.
Il vecchio Castello, di cui oggi rimangono soltanto pochi ruderi, sorgeva sul promontorio adiacente a quello dove è ubicato l’attuale castello e secondo la tradizione era dedicato al culto del dio Sole. Il nuovo Castello pare risalga al XV secolo e fu fatto costruire per volontà della famiglia sveva dei Walsee attorno ai resti di una grande torre quadrangolare di un avamposto romano (alla base della torre romana è stata ritrovata una lapide commemorativa del III secolo d.C. collocata in occasione di una visita dell’imperatore Diocleziano). Il Castello è stato più volte restaurato e dell’originaria costruzione rimangono oltre alla suddetta torre, le fondamenta e qualche tratto di muro.
Gli ospiti illustri del Castello sono stati tanti; per citarne solo alcuni: Johann Strauss, Franz Liszt, Mark Twain, Paul Valéry, Gabriele D'Annunzio, Rainer Maria Rilke, Eugène Ionesco e Karl Popper, Elisabetta d'Austria (Sissi), l'arciduca Massimiliano d'Asburgo con la moglie Carlotta del Belgio e l'arciduca Francesco Ferdinando che da qui partì per Sarajevo, dove venne ucciso (fatto che come tutti sanno scatenò la prima guerra mondiale).
Dall'incanto di questi luoghi trasse ispirazione per le sue famose "Elegie duinesi" il poeta ermetico Rainer Maria Rilke, che qui soggiornò tra il 1911 e il 1912. E proprio al poeta praghese è intitolata la spettacolare passeggiata panoramica che porta fino alla baia di Sistiana (sentiero Rilke).
Sotto la rupe del vecchio castello si scorge una particolare roccia che vista dal mare sembra una donna avvolta in un lungo velo: è la “Dama Bianca”; la leggenda narra di un sovrano malvagio che gettò la sua sposa dallo strapiombo e il cielo, impietosito dalle grida della sventurata, la mutò in pietra prima che toccasse l’acqua.
Nell'insenatura che divide i due castelli affiora uno scoglio, noto come lo “scoglio di Dante”; si racconta infatti che il sommo poeta, ospite del Patriarca di Aquileia (in quel periodo signore del Castello) venisse qui a raccogliersi in meditazione e che ispirato dalla bellezza del luogo scrisse anche alcune terzine della Divina Commedia.